UNO OGNI SACCO D'ANNI

"Uno spaccato del Paz, raccontato da un amico e sodale di scorribande, una fotografia della Bologna del DAMS e del fermento creativo del 1975." (Michela)

1975: Andrea Pazienza frequenta il Dams a Bologna insieme a Gino Nardella, «omo de cultura e stracciòn». Uno che può dire, con un filo di rabbia per l’amico assente, «conosco Andrea Pazienza da quando era ancora Pazienza Andrea».  I due condividono la tana bolognese di via Emilia Ponente e le vacanze estive: «A Bologna tentavamo di intossicarci. Sul Gargano tentavamo di disintossicarci. Nessuno dei due tentativi riusciva fino in fondo». Per farla breve, Gino ritrova, trent’anni dopo, negativi e provini delle foto in bianco e nero che lui e Andrea fecero sul Gargano a Peschici, un’isola ancora legata alle terra, per l’esame di Tecniche della Fotografia. Non ricorda molto di quell’esame, a parte il voto (24/30). Non ricorda nemmeno perché Andrea giocasse gigione con un metro da muratore, misurasse cose, persone, animali, monumenti, situazioni estemporanee a violare la sacralità della quiete meridionale. Porta le foto da un suo amico fotografo, un ragazzo giovane che sa poco di Andrea Pazienza, quello le guarda e dice «ma questo non è morto: si muove, è vivo» e decidono di mettere su una mostra.

Il risultato è un sorprendente fotofumetto senza parole, un gioco in cui Andrea disegna con il corpo e attorno al corpo, plastico quanto allampanato, le bretelle chiare a fare contrasto sulla camicia scura. Lo vediamo pensieroso nei vicoli, disperso in un totale assolato, istrionico in una sequenza che sa di saltimbanco. Addirittura crocefisso alla croce di ferro del belvedere. Gino tenta di ricordare cosa volesse dire quel metro da muratore, forse «un paese a misura d’uomo» (e pensare che l’avevano scelto sulla base del risultato di una seduta spiritica, di quelle col piattino), ma sa benissimo che «forse era una cosa improvvisata, Andrea aveva trovato ‘sto metro nella macchina, e voleva usarlo nelle foto, boh...». Ma sono anche altre le cose che Gino ricorda, l’inquietudine dei vent’anni bolognesi nella domanda «ci sarà qualcuno, in giro, che valga l’arte dell’incontro? Dice che di esseri umani come si deve ne incontri uno ogni sacco d’anni: ma quanti anni sono un ‘sacco’ d’anni?».